Era il 1971 quando sono tornato vivere a Roma e in seconda
elementare mi è capitato questo compagno di banco riccioluto e traccagnotto,
socievole e giocherellone. Io, un po’ spaurito dal cambio di città, di scuola e
di amici, mi ci sono appiccicato con la colla e lui a me. Siamo rimasti nella
stessa classe fino alla terza media e poi comunque sempre insieme al Liceo e
all’Università.
Anche le mamme si piacevano molto e questo ci consentiva anche
da piccoli di fare tutto insieme: sport, studio, gioco e a volte anche le vacanze.
Qui la foto della nostra prima comunione nel 1974(?)
Sì, la scuola, la comunione, ma che facevamo da bambini tutto
il giorno?
Passavo a casa Lucente le giornate intere, in teoria ci
andavo a “fare i compiti”, ma io mi ricordo solo che giocavamo. Prima di tutto
a Subbuteo, che era diventato una vera ossessione: in camera di Alessandro (e di
Lupente) c’era il mitico panno verde montato su tavola di legno che occupava
permanentemente – tipo per dieci anni - tutta la stanza con un vasto
assortimento di squadre ed accessori, comprese le porte “insaccabili” (non erano
di serie, ma erano irrinunciabili per gli intenditori). Potevo giocarci cinque
ore di fila, una partita dopo l’altra, senza conoscere un attimo di noia, senza
stufarmi di perdere sempre, dato che Alessandro era nettamente più forte di me.
Giocavamo un casino anche a tennis e racchettoni - ma qui lo suonavo io - per
strada, in terrazzo e poi sui campi veri. Poi, sotto casa, c’era il bar e lì altre
migliaia di ore passate a flipper, ghiaccioli e figurine.
Ovviamente giocavamo anche a pallone “dai preti” cioè alla
parrocchia dei comboniani, prima sul campo “dei piccoli” e poi su quello
grande. Poi c’era il grande terrazzo dei
Lucente che era perfetto per il calcetto uno-contro-uno. E’
inconcepibile oggi pensare che potevamo passare giornate intere a tirarci
pallonate senza mai essere stufi o stanchi. Ricordo che su quel terrazzo il Sor
Giulio ci insegnava a calciare forte “di collo” dandoci le dritte sui movimenti
giusti affacciato alla finestra. Una volta, ad una mia festa di compleanno, per
mostrarmi bene come si effettuava la mezza rovesciata delle figurine Panini, il
piccolo Sandrino mi fece saltare due incisivi. Fortunatamente, erano ancora
quelli da latte e la festa continuò senza troppi drammi, anzi con possibilità fino
ad allora sconosciute di fare smorfie orribili senza denti!
A casa Lucente c’era poi un'altra cosa fondamentale: La
Roma. Questo era un bel casino perché io ero (e sono) juventino e lì, tutti e
quattro i maschi della famiglia erano della Roma e pure parecchio. Sotto questo
aspetto marcavo veramente male, anche perché mi ci impuntavo, ma alla lunga mi
hanno accettato come la mascotte da massacrare in ogni caso: se la Juve
vinceva, rubbava abbuciodiculo, se perdeva apriti cielo! E io, trovato il mio
ruolo, ho indossato l’elmetto e andava bene così. Nel vano tentativo di convertirmi
alla giusta causa mi hanno portato per la prima volta allo stadio a vedere,
ovviamente, Roma – Juve. Era il 1975. Nella Roma giocavano nomi mitici tipo Rocca,
Santarini, Negrisolo, DeSisti e Pierino Prati, nella Juve Gentile, Longobucco,
Cuccureddu, Damiani, Anastasi e Bettega. La partita non fu molto brillante: la
Roma non riusciva a creare grossi pericoli e alla Juve stava bene anche il
punto fuori casa per avviarsi a vincere l’ennesimo scudetto. Lo zero a zero fu
evitato solo da uno sciagurato autogol dello stopper della Juve Francesco
Morini che a un quarto d’ora dalla fine svirgolò goffamente un traversone dell’altro
Morini (Giorgio) facendo un assurdo pallonetto al povero Zoff. Uno a zero per
la Roma e tutti a casa.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWiBZHaTlPYV95KmUHcp8adbnJ-bLKQS2-Aa7P4bz0NizXxTug-Uql7-kT9dJ9C6YFsKgH4CTGHxKvHSCawQbpYck1-lmC-cDBCl_NDnHIWb4lcQ0ot-GopqViUpW3eAbjYZAPhZhWN_k/s1600/7475romajuventus_rit.jpeg)
Nella foto si riconoscono da sinistra: Francesco Morini (mentre pensa “oooops”), gli accorrenti
Prati e Furino, Gentile che guarda il pallone insaccarsi sotto la traversa dell'incolpevole Zoff . Sullo sfondo, in tribuna benchè non riconoscibile c’era il Sor Giulio e in curva i fratelli Lucente che esultano e io
accanto a loro, ma sotto un treno!
Tornando in macchina a casa ero talmente scornato che il Sor
Giulio, per la prima (e forse unica) volta spese delle parole di conforto: “A
Uncì, te volevo fà vedè quanto è forte ‘sta Roma, ma oggi avete fatto tutto voi…
pure il gol!”. Nonostante gli sghignazzi, a modo suo mi aveva aiutato a
collocare l’inopinata sconfitta nell’ambito dell’accettabilità e poi avevo l’elmetto...
Ovviamente, Suillo la
racconterebbe diversamente, correggerebbe venticinque particolari credendo di
ricordarseli più fedelmente: guarda che la Roma ha dominato… Negrisolo non c’era,
c’aveva le coliche… Quello nella foto non è Furino, non lo vedi che è Tardelli… E io giù a
smoccolare: ma che stai a ddì? guarda che non ti ricordi bene te… per ore, per mesi e per anni.
Mi dispiace di non litigare più con Suillo di quel Roma Juve.
Se qualcuno ha voglia di discutere di quel Roma Juve, può
postare un commento.