Saturday, 22 March 2014

Festa di carnevale con incidente (1989)

Credo fosse il carnevale del 1989, ma potrei anche sbagliarmi…
In ogni caso era il nostro periodo universitario, quello in cui si era formata un’allegra brigata che trascorreva molto tempo insieme, tra lezioni, studio, gite e feste. La maggior parte dei suoi elementi studiava economia, ma Suillo ne era entrato a far parte sia perché era già amico di alcuni di noi, sia perché saltuariamente aveva cominciato a frequentare l’acquario.
La festa cui si riferiscono le foto, era una di quelle feste che pur non avendo niente di speciale, per delle strane circostanze diventano poi memorabili, nel senso stretto del termine.


Quella volta erano riusciti a venire tutti, ma proprio tutti; gli acquisti di vettovaglie erano stati molto oculati, la musica selezionata dal “Campioni”, giusta e ben variata, la casa era stata preparata per poter fare casino limitando i rischi di danni, c’erano tantissime donne, cosa non usuale a quel tempo. Tutti, ma proprio tutti, si erano mascherati e quei pochi che non lo avevano fatto, erano tornati di corsa a casa a cercarsi qualcosa per inventare una parvenza di maschera. Suillo era ricorso ad una maschera minimalista che consisteva in una stella da sceriffo appesa su una delle sue camicie a quadrettoni.


C’era tanta allegria nell’aria, tante coppie formate da poco e tanti altri interessati a formare nuove coppie, ma tutti comunque desiderosi di divertirsi senza oltrepassare in modo drammatico i limiti.
All’inizio della festa un primo piccolo dramma: il mio amico che chiamerò “asso di picche”, per rispettare la sua privacy ed in onore della sua maschera di quella sera, informò me e Suillo che la sua ragazza tedesca, presente alla festa, lo aveva appena lasciato. Il motivo del repentino abbandono, che ad “asso di picche” peraltro, in quel momento, sembrava completamente ingiustificato, era che lei lo era andato a salutare e lui non l’aveva riconosciuta.
In effetti, ed “asso di picche” non me ne voglia, la ragazza si era semplicemente disegnata dei minuscoli baffetti sul volto paffutello ed era completamente vestita di nero con tanto di mantello e cappello, quindi essendo riconoscibilissima aveva , secondo me, ragione a lamentarsi.
Asso di Picche era indeciso se essere triste o allegro, e cercava di convincersi che le cose stessero andando comunque per il meglio…
Suillo e il sottoscritto hanno quindi intavolato, tra un ballo e una birra, una lunga discussione con asso di picche, per rincuorarlo e per assecondarne le mutevoli opinioni, riguardo alla sua relazione bruscamente terminata.


Suillo era un maestro a portare avanti discorsi filosofeggianti e non si perdeva d’animo anche quando l’interlocutore diventava poco razionale per la stanchezza e/o per qualche bicchiere di troppo, cosa che quella sera stava succedendo con "asso di picche" e non solo.
Ci ritrovammo infine a continuare la nostra conversazione nella cucina, dove qualcuno nel frattempo aveva fatto cadere dei liquidi sul pavimento rendendolo quindi molto scivoloso.
Asso di picche, cominciò a scivolare volontariamente sul pavimento, e ogni volta erano grandi risate di tutti, forse, tranne che di Suillo, che vedeva interrotto in continuazione il filo del suo ragionamento.

E una, e due e tre volte, alla fine, anche con un mio inopportuno “aiutino”, asso di picche cadendo , sbatte’ violentemente la testa sullo spigolo del tavolo e si procuro’ un bel taglio sulla nuca. All’improvviso, come nella pubblicita’ di qualche amaro, dovevamo concretamente aiutare il nostro amico in pericolo.
Suillo si diede un gran da fare nel trovare qualcuno disposto ad accompagnare in macchina asso di picche al pronto soccorso e alla fine riusci’ a trovare le chiavi di una fiat panda, quindi fummo costretti nostro malgrado, sia per l’elevato tasso alcolemico sia per la stanchezza, a guidare la panda con asso di picche sanguinante, seduto sul sedile posteriore, che cominciava in qualche modo a comprendere la gravita’ della situazione.
Sara’ stato intorno a mezzanotte, forse un po’ piu’ tardi, quando arrivammo al Santo Eugenio. Tutti e tre mascherati, in una notte fredda ed umida in maschere estive, alticci e sudaticci, entrammo al pronto soccorso, dove “asso di picche” fu prontamente preso in custodia da due infermiere bellocce ma un po’ avanti con l’eta’. Ricordo come se fosse ieri l’ultimo sorriso di “asso di picche” che si allontanava giu’ per il corridoio, accompagnato dalle due infermiere, con il suo misto di ebbrezza, eccitazione e fifa.
Io e suillo siamo rimasti per un po’ nel corridoio e poi siamo andati fuori della porta d’ingresso a continuare le nostre discussioni, a questo punto incentrate sul destino di “asso di Picche”, e a sangare, fino a che la nostra attenzione non e’ stata colpita dal sensore automatico per l’apertura della porta d’ingresso.
Da quel preciso momento, tutto e’ diventato secondario, compreso il destino di “asso di picche” e abbiamo iniziato a intercettare il raggio infrarosso in tutti i modi possibili: con improbabili colpi di tacco, allungando la mano dietro la schiena, rotolando per terra, facendo finta di essere passati li’ per caso….
Ridevamo e ci compiacevamo delle nostre reciproche abilita’ e fantasia nell’inventare sempre nuovi modi per far aprire la porta…
Non saprei dire quanto tempo abbiamo passato a far scattare quel meccanismo, ma ad un certo punto,  il poliziotto che stava nella guardiola a fianco dell’ingresso, che per la cronaca noi non avevamo assolutamente notato, pur essendo ben in vista, e’ uscito, e’ venuto da noi e ci ha intimato, con modi autoritari, di smettere.
Suillo, con i suoi modi educati, ma in fondo sempre desideroso di confronto, ha cercato di intavolare una impari discussione con il poliziotto, sul perche’ fosse giusto continuare a lasciarci fare fino a quando il poliziotto ha minacciato maggiori conseguenze.
Fortunatamente, proprio in quel momento “asso di Picche” e’ riapparso nel corridoio con una vistosa fasciatura alla testa e abbiamo colto l’occasione per tornarcene, lemmi lemmi, alla festa, che nel frattempo era stata interrotta dalla polizia, chiamata da qualche vicino, per gli schiamazzi.


2 comments:

  1. Comunque mi ricordo anche che Asso di Picche non riconobbe la donna in quanto era mascherata da Zorro, con tanto di mascherina nera. E come tutti sanno, nessuno ha mai riconosciuto Zorro, che infatti era il mitico Don Diego della Vega.

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    1. Bella Boccia, un racconto fichissimo. Mi ricordavo delle disavventure di Asso di Picche, ma avevo rimosso le olimpiadi di apertura della porta a infrarossi. Spettacolo! Grazie. Uncio

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