Credo fosse il carnevale del 1989, ma
potrei anche sbagliarmi…
In ogni caso era il nostro periodo
universitario, quello in cui si era formata un’allegra brigata che trascorreva
molto tempo insieme, tra lezioni, studio, gite e feste. La maggior parte dei
suoi elementi studiava economia, ma Suillo ne era entrato a far parte sia perché
era già amico di alcuni di noi, sia perché saltuariamente aveva cominciato a frequentare
l’acquario.
La festa cui si riferiscono le foto, era una
di quelle feste che pur non avendo niente di speciale, per delle strane circostanze
diventano poi memorabili, nel senso stretto del termine.
Quella volta erano riusciti a venire
tutti, ma proprio tutti; gli acquisti di vettovaglie erano stati molto oculati,
la musica selezionata dal “Campioni”, giusta e ben variata, la casa era stata preparata
per poter fare casino limitando i rischi di danni, c’erano tantissime donne,
cosa non usuale a quel tempo. Tutti, ma proprio tutti, si erano mascherati e
quei pochi che non lo avevano fatto, erano tornati di corsa a casa a cercarsi
qualcosa per inventare una parvenza di maschera. Suillo era ricorso ad una
maschera minimalista che consisteva in una stella da sceriffo appesa su una
delle sue camicie a quadrettoni.
C’era tanta allegria nell’aria, tante
coppie formate da poco e tanti altri interessati a formare nuove coppie, ma
tutti comunque desiderosi di divertirsi senza oltrepassare in modo drammatico i
limiti.
All’inizio della festa un primo piccolo
dramma: il mio amico che chiamerò “asso di picche”, per rispettare la sua
privacy ed in onore della sua maschera di quella sera, informò me e Suillo che
la sua ragazza tedesca, presente alla festa, lo aveva appena lasciato. Il
motivo del repentino abbandono, che ad “asso di picche” peraltro, in quel
momento, sembrava completamente ingiustificato, era che lei lo era andato a
salutare e lui non l’aveva riconosciuta.
In effetti, ed “asso di picche” non me ne
voglia, la ragazza si era semplicemente disegnata dei minuscoli baffetti sul
volto paffutello ed era completamente vestita di nero con tanto di mantello e
cappello, quindi essendo riconoscibilissima aveva , secondo me, ragione a
lamentarsi.
Asso di Picche era indeciso se essere
triste o allegro, e cercava di convincersi che le cose stessero andando
comunque per il meglio…
Suillo e il sottoscritto hanno quindi
intavolato, tra un ballo e una birra, una lunga discussione con asso di picche,
per rincuorarlo e per assecondarne le mutevoli opinioni, riguardo alla sua
relazione bruscamente terminata.
Suillo era un maestro a portare avanti
discorsi filosofeggianti e non si perdeva d’animo anche quando l’interlocutore
diventava poco razionale per la stanchezza e/o per qualche bicchiere di troppo,
cosa che quella sera stava succedendo con "asso di picche" e non solo.
Ci ritrovammo infine a continuare la
nostra conversazione nella cucina, dove qualcuno nel frattempo aveva fatto
cadere dei liquidi sul pavimento rendendolo quindi molto scivoloso.
Asso di picche, cominciò a scivolare volontariamente
sul pavimento, e ogni volta erano grandi risate di tutti, forse, tranne che di
Suillo, che vedeva interrotto in continuazione il filo del suo ragionamento.
E una, e due e tre volte, alla fine, anche
con un mio inopportuno “aiutino”, asso di picche cadendo , sbatte’
violentemente la testa sullo spigolo del tavolo e si procuro’ un bel taglio
sulla nuca. All’improvviso, come nella pubblicita’ di qualche amaro, dovevamo
concretamente aiutare il nostro amico in pericolo.
Suillo si diede un gran da fare nel
trovare qualcuno disposto ad accompagnare in macchina asso di picche al pronto
soccorso e alla fine riusci’ a trovare le chiavi di una fiat panda, quindi
fummo costretti nostro malgrado, sia per l’elevato tasso alcolemico sia per la
stanchezza, a guidare la panda con asso di picche sanguinante, seduto sul
sedile posteriore, che cominciava in qualche modo a comprendere la gravita’
della situazione.
Sara’ stato intorno a mezzanotte, forse un
po’ piu’ tardi, quando arrivammo al Santo Eugenio. Tutti e tre mascherati, in
una notte fredda ed umida in maschere estive, alticci e sudaticci, entrammo al
pronto soccorso, dove “asso di picche” fu prontamente preso in custodia da due
infermiere bellocce ma un po’ avanti con l’eta’. Ricordo come se fosse ieri
l’ultimo sorriso di “asso di picche” che si allontanava giu’ per il corridoio,
accompagnato dalle due infermiere, con il suo misto di ebbrezza, eccitazione e
fifa.
Io e suillo siamo rimasti per un po’ nel
corridoio e poi siamo andati fuori della porta d’ingresso a continuare le
nostre discussioni, a questo punto incentrate sul destino di “asso di Picche”, e
a sangare, fino a che la nostra attenzione non e’ stata colpita dal sensore
automatico per l’apertura della porta d’ingresso.
Da quel preciso momento, tutto e’
diventato secondario, compreso il destino di “asso di picche” e abbiamo
iniziato a intercettare il raggio infrarosso in tutti i modi possibili: con
improbabili colpi di tacco, allungando la mano dietro la schiena, rotolando per
terra, facendo finta di essere passati li’ per caso….
Ridevamo e ci compiacevamo delle nostre
reciproche abilita’ e fantasia nell’inventare sempre nuovi modi per far aprire
la porta…
Non saprei dire quanto tempo abbiamo
passato a far scattare quel meccanismo, ma ad un certo punto, il poliziotto che stava nella guardiola a
fianco dell’ingresso, che per la cronaca noi non avevamo assolutamente notato,
pur essendo ben in vista, e’ uscito, e’ venuto da noi e ci ha intimato, con
modi autoritari, di smettere.
Suillo, con i suoi modi educati, ma in
fondo sempre desideroso di confronto, ha cercato di intavolare una impari
discussione con il poliziotto, sul perche’ fosse giusto continuare a lasciarci
fare fino a quando il poliziotto ha minacciato maggiori conseguenze.
Fortunatamente, proprio in quel momento
“asso di Picche” e’ riapparso nel corridoio con una vistosa fasciatura alla
testa e abbiamo colto l’occasione per tornarcene, lemmi lemmi, alla festa, che
nel frattempo era stata interrotta dalla polizia, chiamata da qualche vicino, per gli schiamazzi.
Comunque mi ricordo anche che Asso di Picche non riconobbe la donna in quanto era mascherata da Zorro, con tanto di mascherina nera. E come tutti sanno, nessuno ha mai riconosciuto Zorro, che infatti era il mitico Don Diego della Vega.
ReplyDeleteBella Boccia, un racconto fichissimo. Mi ricordavo delle disavventure di Asso di Picche, ma avevo rimosso le olimpiadi di apertura della porta a infrarossi. Spettacolo! Grazie. Uncio
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