Tuesday, 23 September 2014

Il Tinello di Casa Lucente


C'e' un luogo centrale nello sviluppo della nostra amicizia con Alessandro e con i suoi fratelli: il tinello di casa Lucente.

Non tutte le case hanno un tinello, che e' un luogo non facile da definire. Sulla Treccani ho trovato questo: "Ambiente prossimo alla cucina e con essa comunicante, o apposito spazio della cucina stessa, adibito alla consumazione dei pasti e utilizzato anche come soggiorno, arredato per lo più in stile rustico o con mobili semplici e funzionali."

Ma il tinello di casa Lucente non era aprossimo alla cucina. Quindi, il tinello non era un tinello. Ma quindi, che era?

Oggetto centrale del tinello era lo stereo. Il mitico stereo del padre di Alessandro ( detto anche il Sor Lucente): piatto Thorens, amplificatore Marantz (o viceversa) casse da paure. Sono stato autorizzato a mettere un disco solo dopo anni di frequentazione assidua. Lo stereo era sacro. E la musica che passava era (quasi tutta) fichissima: i Genesis, Peter Gabriel, Jethro Tull inizialmente, poi U2, REM, Cure, Smiths.

Il tinello prima della nostra invasione. Sullo sfondo, il piatto Thorens. In primo piano, la famiglia Lucente.

C'erano altri oggetti fondamentali nel tinello. Le due poltrone giganti, ambitissime e comodissime. Il quadro con l'iguana che si vede nella foto sopra. Il tavolo con al centro il mitico portaccenere a forma di pneumatico, strabordante sigarette.

 Nel tinello abbiamo passto pomeriggi interi, ad ascoltare musica, a giocare con i primi videogiochi, a chiaccherare. Nel tinello abbiamo pianifcato viaggi, parlato di calcio, di politica, ma anche di libri (lo giuro). Li ho conosciuto i fratelli di Suillo (Andrea e Alfredo) gli amici di Andrea (in particolare Daniele), ho ricominciato a frequentare miei amici "piu' grandi" (Gianluca).

Il tinello non era quindi un tinello. Era un luogo di svago, incontro e confronto. Il tinello era la nostra "piazzetta". Ora non esiste piu', ma non per noi. Non per me. Per me, il tinello esiste ancora.




Tuesday, 1 July 2014

Le bravate di Suillo

Uno dei tratti che non mi scorderò del grande Suillo è la sua passione per le cazzate, le bravate, le cose pericolose, le cose esagerate.

Non so se mi spiego, vi farò alcuni esempi per farvi capire di cosa parlo.

Una volta a casa mia a via Luigi Lilio (5' piano) uscì da una finestrella della cucina per rientrare dall'altra (ce ne sono due), con 30 mt di strapiombo.
Ancora gliel'ho ricordato qualche settimana fa in ospedale e ancora ne abbiamo riso (anche se lo avrei menato a sangue, era una cosa pericolosissima che still mi fa tremare i polsi al solo pensiero).

Un'altra volta me lo portai a una specie di matrimonio paracamorristico in Campania dove mio cugino Andrea Torre (allora giovane emergente, oggi affermato DJ radiofonico) andava a mettere la musica per la festa degli sposi.
Suillo si ubriacò subito e molto, per cui TUTTA la serata fu una smaltita continua.
Egli, infatti, in preda all'alcool accennava risse con chiunque gli capitasse a tiro, principalmente invitati al matrimonio ma anche semplici passanti, inservienti, camerieri del posto (tremendo) in cui ci trovavamo etc, ragion per cui andava monitorato continuamente e spesso si dovette intervenire per blandire la gente e sedare l'inizio di rissa.
Un dramma, potete immaginare.
Voglio dire, anche divertente :-) ma uno stress.

Last, indimenticabile fu l'apparizione di Suillo al rientro da una vacanza greca fatta in compagnia della fidanzata del tempo, tale Mara, con il "bravo di Don Rodrigo look", col capello mantenuto in una specie di retina che scendeva sulle spalle e il corpaccione avvolto in una specie di peplo tipo Demis Roussos.
Me lo ricordo addobbato in cotal guisa di fronte al bar di Nunzio una sera in cui pensò bene di litigare a morte con tal Giovanni Ripoli (mio amico identico a Bob Dylan) per motivi di parcheggio, o quel che l'era.

Voi sicuramente ricorderete episodi simili.


Wednesday, 11 June 2014

IL MITICO VIAGGIO IN GRECIA DOPO LA MATURITA' (1983)

Be', questo viaggio non poteva mancare, il primo vero viaggio del gruppo. Come alcuni sanno, il nucleo storico del nostro gruppetto di amici nasce alle medie. 5 compagni di classe + 1 Carlo. Il nostro gruppetto era formato da 3 coppie: Uncio e Suillo (gia' compagni alle elementari), io e Carlo (abitanti al mitico 109), Matteo e Crovetto (gia' compagni di elemntari). Il gruppetto come dicevo nasce alle medie, prima come gruppo misto, che coinvolgeva mezza classe, poi per motivi musicali (l'arrivo di Renato Zero creo' una frattura profonda con alcune girls) e sportivi (dalla seconda media in poi giocavamo a pallone davanti a scuola tutti i pomeriggi) i maschietti si staccarono. Il vero primo viaggio fu a Scauri (LT) in V Ginnasio. Poi, ci fu Ansedonia, in primo Liceo. Ma quello in Grecia era Il Viaggio. Prima tappa, in treno, Roma - Brindisi. E fin qui, nessuno problema.

In attesa del traghetto alla Dogana di Brindisi

Sul traghetto per Igoumenitza, primo incontro: delle simpatiche ragazze inglesi, cui eravamo pure simpatici, ma che andavano ad Olimpia. E noi, da bravi soggettoni quali eravamo, siccome avevamo un piano deciso, con tappe pre-stabilite (Pathmos/Ios/Mikonos), invece di seguire le fanciulle seguimmo il piano.

Sul treno Igoumenitza-Pireo, altro incontro mitico: le olandesi. Belle, molto belle, cosi' tanto belle che non ci cagavano di pezza. Ci utilizzarono pero' come deterrente/cani da difesa per sopravivvere alla nottte un volta arrivati al Pireo. La mattina dopo, bye bye, arrivederci e grazie.

Al Pireo, quarta tappa,  in traghetto. E dopo 3 giorni e 3 notti di viaggio, arriviamo a destinazione: Patmos! Una ridente isola del Dodecaneso, attaccata alla Turchia, che ci era stata consigliata dal caro Lupente.






Arriviamo la sera, stracchi: il paesino pare carino, si sente musica mitteleuropea uscire dalle taverne al porticciolo. Ci incamminiamo, e raggiungiamo a piedi il campeggio, a Meloi Beach.


Eugenio al campeggio di Patmos, mentre luma le vicine.

Un campeggio indimenticabile, quello che tutti speravamo di trovare (a parte gli alberi, che non c'erano): vicino alla spiaggia, pieno di ggiovani internazionali ed alternativi, poco vestiti, very nice.

Spettacolare la spiaggia del campeggio, piena di gioventu scapigliata, tardo-punk, new romantic, nudisti, figli delle stelle.

Insomma, Patmos, ce la siam girata tutta. Con calma

Andrea e Isullo a Psiliammos



La spiaggia di Psiliammos, bellissima, dove Carlo si produsse in una delle attivita' da lui preferite, il nudismo.

Eugenio e Alex accaldativerso Kora
Kora, al centro dell'Isola. un caldo della Madonna.

Parte selvatica di Patmos (forse)



Insomma, Patmos, la prima isola, molti balli, molte insalate greche, molte birrozze. E donne, vi chiederete voi? Be', donne se ne so viste parecchie, come direbbe quel tale, ma l'isola e' troppo tranquilla, manca un centro di aggregazione. Si, i Discopub, bella la musica, ma sempre le stesse donne inarrivabili, tipo la biondina, si, quella che sembrava la replicante di Blade Runner. Insomma, quanto saremo stati, una settimana? Dieci giorni? Due settimane? Bene, era ora di partire, era ora di andare a vivere: Ios, arriviamo!!



Ios e' un altro mondo, le Cicladi, le discoteche, il casino vero. Anni dopo sarebbe diventato anche troppo, ma nel 1983 era il casino giusto al posto giusto.

Attivita' principale resta il mare.

Suillo e Carlo a Ios

Illo
Ma la sera aumenta il consumo di birra. Le discoteche sono belle piene. Donne, anche qui se ne sono viste parecchie, ma non ricordo grandi rimorchiamenti, probabilmente perche' sto perdendo la memoria.

Ios verra' ricordate piu' per le imprese dadaiste che per quelle romantiche. Diventammo amici dei Centocelle City Rockers. Ricordo un motoscafino affondato. Un gatto vomitino sul saccopelo di Carlo. La birra Amstel. Sedie a mare. Pescherecci alla deriva. Fughe sui monti. Quanto tempo? 10 giorni? Piu' o meno.

Ma era ora di partire, era ora di osare di piu': Mykonos! MYKONOS!!!



Mikonos nel 1983 era un mito. Era l'isola greca per eccellenza. Arrivammo carichi di aspettative, anche se a Ios alla partenza avevavamo appreso una tragica notizia dai giornali italiani, documentata dalla foto qui sotto:

In partenza da Ios (o da Patmos), apprendiamo della morte di due ragazze che conoscevamo.

Il viaggio per Mikonos fu divertenete. Io mi aggregai a un gruppetto di buon temponi internazionali, e mi girai tutto il traghetto ballando ballando. Purtroppo avevo un po' esagerato, e cosi' i miei amici mi abbandonarono vomitino sulla spiaggia. Sulla spiaggia di Mykonos, Carlo invento' il tubo di vomito: uno spruzzo semisolido che congiungeva la sua boccuccia vomitina al suolo. Un tubo, di vomito.

Il giorno dopo incontrammo Alessandro Gasman, nostro coetaneo, che pero' all'epoca se la tirava parecchio. E poi, lentamente, ci rendemmo conto che Mykonos non era per noi. Mikonos era all'epoca dominata dala comunita' gay, e noi, non essendo gay, ci sentimmo un po' emarginati. Quindi, restammo poco a Mykonos, ricordo di aver fatto colpo su una ragazza inglese molto freak, e poi i ricordi sfumano. Dormimmo due  o tre notti al molo, ma non era molto comodo. Era passato quasi un mese dalla nostra partenza dall'Italia. Era giunto il momento di tornare.

L'ultimo incontro: a scopetta con le romane

E a casa tornammo, non completamente vincitori, ma parecchio contenti.




Monday, 5 May 2014

Il mitico Interrail del 1989

Beh, quell'anno seguii Suillo a Pelekas, con l'impegno da parte sua ad andarcene un po' in giro per il nord Europa dopo lo sballo greco.
Effettivamente la permanenza a Pelekas fu, all'insegna dello sballo, parecchio "spartana", cioè, senza quei fronzoli, tipo un tetto sopra la testa, una tazza del cesso sotto al culo, che rendono le vacanze scontate.
Tornando da Corfù, facciamo, non senza qualche difficoltà (e qui potrebbe aprirsi una diramazione secondaria del BLOG, riferita all'incredibile solerzia del bigliettaio della stazione di Bæri...), l'Interrail alla  stazione di Bari.
"Bæri! Staziò di Bæri centrà: intercit per Rò in partè dal binario 1!".

E via! Breve tappa a Roma per un opportuno cambio di vestiti e si prosegue per Parigi.


In questo viaggio, tutto sarà rapido, le soste, le frequentazioni, le visite... Dopo una notte a Parigi, passata sul pavimento, ospiti di amici del fratello di Lorenzo Romito, ripartiamo per l'Inghilterra.
Insomma ecco le tappe:

Stratford-upon-Avon e Warwick memorabili. Birmingham, just a touch less...
Per esempio, il mitico, non ricordo se tornando da Stratford o andandovici, era piuttosto allegro:
Coeffciente di resistenza aerodinamica: 0,001 amplinapp

 Dopo le visite culturali, quelle, diciamo, mmm, sociali. A Birmingham il nostro cercava il suo passato e le sue speranze, come del resto io a Leeds. Per una volta ebbi più fortuna io.

Ad ogni modo, eccoci qua che montiamo di guardia sui possenti bastioni di York, all'erta per il pericolo vichinghi, o forse, chissà, speranzosi nell'avvistamento di vichinghe... I possenti (se tanto mi da tanto, giudicate voi...) bastioni - la storia lo dice - non hanno impedito ai vichinghi di fare i loro porci comodi. Per quanto riguarda le vichinghe... per quanto riguarda le vichinghe... beh, lasciamo perdere.

E poi, la Scozia! Inverness, Lochness, Urqhart Castle...

Lord Urqhart, in an uncustomary attire, scans the horizon on the watch for intruders
Oserei dire: atmospheric!

Dopo la gloria dei Ness, la strada verso la fine del mondo, rappresentata in questa foto dalla fine delle rotaie. Nelle isole britanniche, più a Nord di così, con il treno, 'nse po'...

E quello non era altro che il nostro trampolino per il grande salto, via mare, verso le Orcadi (nei nostri grandiosi quanto immotivati auspici, anzitempo ribattezate "Porcadi") e le Shetland.
Alle Porcadi incontrammo la simpatica Suzanne, che come porcade non era esattamente il non plus ultra, ma la cui compagnia fu squisita.

Alle Shetland, come tutti quelli meno sprovveduti di noi sapevano, non v'erano che pecore e moscerini voraci. I moscerini attaccavano all'arma bianca qualsivoglia mucosa lo sprovveduto viandante osasse esporre, piega pelle palpebre, cavità orale e quant'altro. Dunque: Tacere bisognava e andare avanti!

E, appunto, avanti andiamo, con ordine...
La ferrovia panoramica di Flåm, i panini con il salmone affumicato a Bergen (il cibo più economico sul mercato in quelle plaghe), la birra a 8000 lire quando qui ne costava 3000... E i bei fioddi! Ah, quanti ricoddi!

Suillesen e Tauresen discettano delle idee di Søren Kierkegaard in preparazione della discesa al Sud



Ed è già ora di cominciare a pensare al ritorno:

Ecco, appunto, le vichinghe si erano tutte date appuntamento a København, onde prepararci una degna accoglienza, ma a quel punto non avevamo più tempo, quindi ci demmo alla chetichella, driblando i comitati di accoglienza GOOD TASTE ("Girls Of Øresund - Danemark - in Trepida Attesa di Suillesen e Tauresen Espatriati", qualora lo ignoraste).

Passata l'ubriacatura scandinava, sempre concionando di storia e filosofia, ci si ritrovò a Berlino, Ovest, naturalmente, insieme a Christiane F.


Oltre a spertusarci e a prostituirci alla stazione Laurent... eh... cioè... Zoo, insieme a Christiane e agli altri, trovammo anche il tempo di visitare il Reichstag. Nel viaggio dalla città anseatica di Lubecca avevamo avuto tutto il tempo di ordire un sagace piano per eliminare il Führer (passato successivamente alla storia con il nome di "Congiura dei Coioni"), ma il commesso all'entrata ci avvisò che eravamo arrivati in ritardo. Abbattuti dalla notizia, delusi per aver perso l'occasione di passare alla storia in una luce più positiva, decidemmo di tornare verso i luoghi patrii, non senza aver fatto tappa a Frankfurt am Main, dove avevamo un appuntamento col vecchio Hagen e, cosa di ben lunga più interessante per noi, con le simpatiche Krimild e Brunhild.

Monday, 14 April 2014

14 Marzo 2014

Un mese fa, il 14 Marzo 2014, Alessandro ci ha lasciato. Qui sotto i miei sms del 13, 14 e 15 Marzo:


Il 13 pomeriggio gli scrivevo che stavo arrivando a Roma: e' il mio ultimo messaggio, chissa' se glielo hanno letto.

La sera arrivo a Roma. Giano mi chiama perche' la situazione sta precipitando.

La mattina dopo da Giano ricevo il messaggio finale.

Poi Carlo per organizzarci sul come andare a trovarlo.

Mia madre che mi cerca.

Io che ringrazio mia sorella perche' andra' al funerale.

Ecco, ora e' passato un mese. Come e' andata? Non bene. Credevo di essere pronto, in fondo non era la prima crisi. Gia' ad ottobre pensavo non ce la facesse. Poi a gennaio. Ma uno non e' mai pronto. In questo mese ho avuto momenti di commozione fortissima, incredulita', rabbia. E non passano sti momenti. Si diradano, ma poi basta una foto, una canzone e, zac, il pensiero del Suillone torna come un lampo e mi occupa la capa. Magico!

Friday, 11 April 2014

Anni Settanta a Via Lilio

Era il 1971 quando sono tornato vivere a Roma e in seconda elementare mi è capitato questo compagno di banco riccioluto e traccagnotto, socievole e giocherellone. Io, un po’ spaurito dal cambio di città, di scuola e di amici, mi ci sono appiccicato con la colla e lui a me. Siamo rimasti nella stessa classe fino alla terza media e poi comunque sempre insieme al Liceo e all’Università.
Anche le mamme si piacevano molto e questo ci consentiva anche da piccoli di fare tutto insieme: sport, studio, gioco e a volte anche le vacanze. Qui la foto della nostra prima comunione nel 1974(?)
Sì, la scuola, la comunione, ma che facevamo da bambini tutto il giorno?
Passavo a casa Lucente le giornate intere, in teoria ci andavo a “fare i compiti”, ma io mi ricordo solo che giocavamo. Prima di tutto a Subbuteo, che era diventato una vera ossessione: in camera di Alessandro (e di Lupente) c’era il mitico panno verde montato su tavola di legno che occupava permanentemente – tipo per dieci anni - tutta la stanza con un vasto assortimento di squadre ed accessori, comprese le porte “insaccabili” (non erano di serie, ma erano irrinunciabili per gli intenditori). Potevo giocarci cinque ore di fila, una partita dopo l’altra, senza conoscere un attimo di noia, senza stufarmi di perdere sempre, dato che Alessandro era nettamente più forte di me. Giocavamo un casino anche a tennis e racchettoni - ma qui lo suonavo io - per strada, in terrazzo e poi sui campi veri.  Poi, sotto casa, c’era il bar e lì altre migliaia di ore passate a flipper, ghiaccioli e figurine.
Ovviamente giocavamo anche a pallone “dai preti” cioè alla parrocchia dei comboniani, prima sul campo “dei piccoli” e poi su quello grande. Poi c’era il grande terrazzo dei  Lucente che era perfetto per il calcetto uno-contro-uno. E’ inconcepibile oggi pensare che potevamo passare giornate intere a tirarci pallonate senza mai essere stufi o stanchi. Ricordo che su quel terrazzo il Sor Giulio ci insegnava a calciare forte “di collo” dandoci le dritte sui movimenti giusti affacciato alla finestra. Una volta, ad una mia festa di compleanno, per mostrarmi bene come si effettuava la mezza rovesciata delle figurine Panini, il piccolo Sandrino mi fece saltare due incisivi. Fortunatamente, erano ancora quelli da latte e la festa continuò senza troppi drammi, anzi con possibilità fino ad allora sconosciute di fare smorfie orribili senza denti!
A casa Lucente c’era poi un'altra cosa fondamentale: La Roma. Questo era un bel casino perché io ero (e sono) juventino e lì, tutti e quattro i maschi della famiglia erano della Roma e pure parecchio. Sotto questo aspetto marcavo veramente male, anche perché mi ci impuntavo, ma alla lunga mi hanno accettato come la mascotte da massacrare in ogni caso: se la Juve vinceva, rubbava abbuciodiculo, se perdeva apriti cielo! E io, trovato il mio ruolo, ho indossato l’elmetto e andava bene così. Nel vano tentativo di convertirmi alla giusta causa mi hanno portato per la prima volta allo stadio a vedere, ovviamente, Roma – Juve. Era il 1975. Nella Roma giocavano nomi mitici tipo Rocca, Santarini, Negrisolo, DeSisti e Pierino Prati, nella Juve Gentile, Longobucco, Cuccureddu, Damiani, Anastasi e Bettega. La partita non fu molto brillante: la Roma non riusciva a creare grossi pericoli e alla Juve stava bene anche il punto fuori casa per avviarsi a vincere l’ennesimo scudetto. Lo zero a zero fu evitato solo da uno sciagurato autogol dello stopper della Juve Francesco Morini che a un quarto d’ora dalla fine svirgolò goffamente un traversone dell’altro Morini (Giorgio) facendo un assurdo pallonetto al povero Zoff. Uno a zero per la Roma e tutti a casa.
Nella foto si riconoscono da sinistra: Francesco  Morini (mentre pensa “oooops”), gli accorrenti Prati e Furino, Gentile che guarda il pallone insaccarsi sotto la traversa dell'incolpevole Zoff . Sullo sfondo, in tribuna benchè non riconoscibile c’era il Sor Giulio e in curva i fratelli Lucente che esultano e io accanto a loro, ma sotto un treno!
Tornando in macchina a casa ero talmente scornato che il Sor Giulio, per la prima (e forse unica) volta spese delle parole di conforto: “A Uncì, te volevo fà vedè quanto è forte ‘sta Roma, ma oggi avete fatto tutto voi… pure il gol!”. Nonostante gli sghignazzi, a modo suo mi aveva aiutato a collocare l’inopinata sconfitta nell’ambito dell’accettabilità e poi avevo l’elmetto...
Ovviamente,  Suillo la racconterebbe diversamente, correggerebbe venticinque particolari credendo di ricordarseli più fedelmente: guarda che la Roma ha dominato… Negrisolo non c’era, c’aveva le coliche… Quello nella foto non è Furino, non lo vedi che è Tardelli… E io giù a smoccolare: ma che stai a ddì? guarda che non ti ricordi bene te… per ore, per mesi e per anni.
Mi dispiace di non litigare più con Suillo di quel Roma Juve.
Se qualcuno ha voglia di discutere di quel Roma Juve, può postare un commento.

Saturday, 5 April 2014

La bomboniera



Non mi ricordo esattamente l'anno in cui Alessandro si sposo'. Ricordo pero' i lunghi preparativi, la scelta del ristorante e della chiesa. Il fantastico servizio fotografico, per cui lo prendemmo in giro per anni (mitica la foto in cui bacia la sposa indicando il Colosseo, o quella con il sassofono), e lui ridacchiava soddisfatto. Personalmente la cosa che ricordo con maggior piacere, a parte il pranzo di nozze buonissimo, e' la mia bomboniera. Nei lunghi preparativi al matrimonio, Suillo dedico' tantissimo tempo alla scelta delle bomboniere. Cervava degli oggetti che rappresentassero il suo rapporto con i vari imvitati. Per Matteo cerco' a lungo una piccola fionda, ma non credo l'abbia mai trovata. Io ricevetti un boccale di birra, quello della foto. A ricordare le nostre allegre birrette in Grecia (Amstel o Heineken?), oppure a Trastevere ( non mi ricordo le nostre due birrerie preferite, orco can), ai concerti, sulla spiaggia: insomma, come iniziava la primavera, prendevamo peso. Perche' iniziava la stagione della birra! Chiaramente e' la piu' bella bomboniera che abbia mai ricevuto. Che mi fa pensare a tanti bei momenti che non dimentichero' mai. Cheers! Prosit! Cin Cin! 

Friday, 4 April 2014

Il concerto di Mike Oldfield al Palaeur

Intanto mi sto sentendo Tubular Bells Part One, che è un mito. Ed è un mito strettamente connesso al vecio. Nel lontano 1981, egli mi portò a vedere Mike Oldfield al Palaeur. Non conoscevo Mike Oldfield. Mi fidai del Suillone. Fu un fulmine a ciel sereno. Rimanemmo incollati agli scomodissimi seggiolini del Palaeur per 3 ore, rapiti in un'estasi onirica che ancora ricordo e che, secondo me, ricorda anche lui...

Monday, 31 March 2014

Feste del Liceo

Erano i primi anni ottanta. Andavamo a tutte le feste del Liceo e la maggior parte delle volte entravamo da "imbucati" e uscivamo da amiconi del festeggiato e dei suoi invitati.
A quelle feste e nei locali tradivamo spesso e volentieri i nostri cult musicali degli anni settanta. Alessandro ad esempio veniva dalle solide tradizioni di Genesis e Bob Marley, ma alle feste si lasciava trascinare dalle novità più divertenti e commerciali del momento tipo Cindy Lauper e i Culture Club: guardate infatti come era vestito quella sera... non sembra Boy George? Anche Andrea C. aveva il mito dei Ramones, ma fuori ballava i Duran Duran come un paninaro, mentre Euge volava come Pindaro dal Rock di Woodstock al Funk della Kool & The Gang. Naturalmente, anche negli anni ottanta c'era tanta roba buona e un buongustaio come Matz non se le lasciava scappare: dai Dire Straits agli U2 (scusate se è poco...) entrambi amatissimi anche da Suillo.
Insomma, al di là dei generi musicali, ci divertivamo come scatenati. Alessandro era bello felice e si dimostrava cintura nera di socialità: gli bastavano 2 ore ed era diventato amico di tutti.
Di questa festa in particolare non mi ricordo una mazza. Ma la foto che ho rimediato grazie a Locci (che ho costretto ad uno scavo archeologico nei suoi scatoloni) mi sembra bellissima e ne posto qui sotto un'altra della stessa sera.

Ci sono anche Locci a sinistra, Calarco a destra e sotto credo ci sia il festeggiato, ma non so più chi era (ci eravamo imbucati pure lì?). Noto solo che Suillo, ovviamente, sembra fosse già diventato amicone del festeggiato, dato che lo afferra per la capoccia come un polpo.
Chi se ne ricorda più di me, posti i suoi commenti!

Friday, 28 March 2014

Alcune cose Suillesche

Prendo spunto da questa foto di Alessandro colto in un atteggiamento molto "suillesco". Chi lo conosceva bene sa infatti che morsicarti il cranio fino a farti male era una sua grande dimostrazione di affetto e spensierata allegria.
Premesso che Suillo era buono come un pezzo di pane e non ha mai fatto veramente male a nessuno, queste cose assurdamente e gratuitamente dolorose gli piacevano un casino e io me ne ricordo a mazzi: ad esempio il famosissimo "morso del ciuccio" una vera specialità che a sua volta aveva imparato dal padre (il mitico Sor Giulio) che quando ti stava seduto accanto, per esempio guardando la TV, ti afferrava l'interno della coscia vicino al ginocchio e stringeva con una forza sovrumana simulando appunto il morso di un somaro. Se la cosa riusciva bene, il verso del somaro lo faceva la vittima che prima ragliava a squarciagola dal dolore e poi si lamentava del livido per qualche giorno.
La cosa, apparentemente crudele e gratuita, faceva ridere inspiegabilmente tantissimo, anche la vittima.
Un altra specialità suillesca era "dito di ferro": la sfida consisteva nell' "agganciare" ciascuno con il dito medio quello dell'altro, stringere il pugno e poi girare il polso cercando di rompere il dito dell'altro resistendo al dolore del proprio. Se avessero fatto diventare questo gioco specialità olimpica, Suillo avrebbe collezionato più medaglie di Carl Lewis.
Non parliamo poi di cosa era invece capace di fare con la sua zucca di marmo... Da piccoli, mi pare alle medie, rompeva con una sola capocciata pile di cinque piastrelle dei pavimenti. Questo numero glie l'ho visto fare varie volte e ho portato anche alcuni scettici ad ammirare il fenomeno!
Questa capoccia durissima lo fece anche diventare fortissimo di testa quando giocavamo a pallone: si, di testa secondo me era il più forte in assoluto.
Più tardi tentò invece di diffondere un'altra specialità: "famo a capocciate?". Praticamente ci si prendeva a testate come gli stambecchi, finchè uno non si arrendeva o lo portavano al pronto soccorso. Anche in questo, secondo me, Suillo avrebbe sdraiato Tyson, ma sfortunatamente (si fa per dire!) questa sofisticata disciplina ebbe meno successo, perchè la sua capoccia era ormai famosa in tutto il quartiere e non si trovavano nè degni rivali nè sparring partners.
Un altro numero che ricordo che il Suillo faceva con grande soddisfazione sua e grande impressione di chiunque lo vedeva era quello di aprire i tappi a corona con i denti. Si appoggiava la testa della bottiglia vicino a un molare, stringeva e zac! sputava il tappo con disinvoltura mentre ai presenti veniva la pelle d'oca. Vi ricordate Bluto di Animal House che si schiacciava le lattine di birra sulla fronte per far sorridere gli amici? Beh, a confronto era un dilettante.

Il Quarto Raduno del Gruppo Friends (Giugno 2013)


Delle volte il valore delle foto non dipende dalla qualita', ma dal contenuto. Questo qui e' un'esempio: e' la mia ultima foto con Suillo. C'e' la fece un signore, con mano incerta, da Danilo (Il Cavaliere), un Ristorante che Alessandro amava moltissimo, a Orbetello, Giugno 2013. Eravamo reduci dal IV Raduno del Gruppo Friends, e miracolosamente Uncio era riuscito a contattare Alessandro. Questo era l'ultimo pranzo prima di partire. Non esagerammo: tonnarelli con le vongole per tutti, escluso Matz che prese la frittura. Dicevo appunto che Uncio era riuscito nell'arduo compito di trovare Isullo, e neanche poteva immaginare quanto fu importante la sua perseveranza. Ma insomma, eccolo li', ce l'avevamo fatta: Suillo era con noi. C'era anche Marco, ma era dovuto ripartire la mattina.

Il Venerdi pomeriggio Ale arriva alla stazione di Orbetello. La sera di Venerdi' si stava avviando a duventare la serata clou, e non ce ne voglia Giano, che arrivo' il sabato. Oramai, in un lungo weekend la serata clou e' una sola, il resto del tempo viene dedicato a riprendersi dalla serata clou.

Il menu' era ben congeniato: impepata di cozze, spaghetti alla bottarga, e poi mi pare due pesciozzi alla griglia, tipo una spigola e un orata. Vino (ma Suillo bevve solo acqua) e poi dopocena e' tempo di assaggiare il mio acquisto aereportuale: boccia du Rum invecchiato 9 anni. Chiaramente con CocaCola: insomma, il mitico Cuba Libre.

E cosi', la serata divenne il clou del weekend: musica a palla, tanto Rithm&Blues, Uncio scatenato, e poi il clou del clou: tutti ad abbracciare e baciare Suillo. Era tornato! E poi, il sottoclou: Carlo che dichiara:"E' la serata piu' bella della mia vita" prima di addormentarsi su una sedia in giardino. Tutto questo, mentre Marco faceva addormentare Vilgot, addormentandosi pure lui.

Questo non e' un post allegro, non puo' esserlo. Pero' quel weekend con Alessandro, l'ultimo, siamo stati bene. Il sabato sulla Feniglia c'era un clima eccezionale, cielo limpido, temperatura ottimale, una vera goduria. Marco porto' Vilgot al mare, per la prima volta.
Sabato sera e' poi arrivato Gianluca, ma noi eravamo cotti. E  la domenica, pranzo finale da Danilo.

Questo e' Suillo con Uncio stra-relaxed:
E questo e' il Gruppo:
Poi siamo tornati a Roma, e durante il viaggio Alessandro ci disse che era malato, e doveva sottoporsi ad un intervento complicato. Fu uno shock. Anche se nessuno in quel momento avrebbe mai previsto che sarebbe andata come poi e' andata. Peccato. Avevamo pianificato una bella Bottarga insieme, quando saresti uscito dall'ospedale. Invece niente.




Wednesday, 26 March 2014

La nostra prima vacanza di gruppo. (Scauri, 1980)

Correva l'anno 1980. Alcuni di noi avevano 15 anni, altri 16. Era l'estate del V Ginnasio (o II  Liceo), per me e Uncio un prolungamento delle medie, per altri era stata piu' dura. Non so perche', decidiamo di partire per Scauri, credo per una decina di giorni: io, Suillo, Uncio, Carlo, Matteo e Andrea C.

Forse questa e' la vacanza fondante del nostro gruppetto, a cui poi si sono uniti tanti altri amici carissimi. Con Gianluca, Marco e Nunzio ci vediamo ancora. Gianluca tra l'altro ha assistito Suillo fino alla fine, con Andrea e Carlo. Ma tanti altri sono stati in questo gruppo. Lupente e Laura con cui siamo andati in Marocco. Lorenzo, Aldo e Michele con cui ci siamo visti per anni con un intensita' incredibile (tipo tutte le sere per tre anni, poi un po' meno, poi zero) e con cui abbiamo fatto viaggi memorabili. Daniele. Varallo e Luca, frequentati gli anni di Euritmia. Chiaramente Locci, un fratello. Poi Biancolillo, magico romanista. Sisio e Marco Pelle. E poi Livia e Marilena, con cui ci siamo fatti veramente un pacco di risate. E sicuramente tanti altri.

 Ma veniamo al viaggio a Scauri. Eravamo dei bei tipini:


Sportivi anche:
Dediti alla pesca:
Ma la nostra passione principale erano le discussioni, interminabili, su ogni tipo di argomento. Una classica discussione scaurese era stata "e' possibile andare a Ostia in Ciao?". Ma forse la piu' nota, e' quella che ho descritto su Facebook, la famosa discussione del goal cagato di Scirea.


C'erano gli Europei di calcio, e durante Italia-Inghilterra Scirea sbaglio' un gol solo davanti al portiere. Carlo disse che avrebbe segnato pure lui. E il gruppo si spacco' in due fazioni: gli psicologi situazionisti ("si, ma bisogna considerare la pressione del momento, la velocita' della palla, l'umidita' relativa) e i cinici tecnici (Scirea e una pippa / meglio Baresi, era solo, a un metro, etc).

La discussione duro' due giorni.

Scudetto della Roma, 1983


Non me ne vogliano i nostri amici non romanisti, ma come faccio a non parlare della Roma quando parlo di Alessandro? E' stato lui a portarmi allo stadio con regolarita', usando l'abbonamento di Alfredo, negli anni di Liedolm, del Presidente Viola, di Falcao, Pruzzo, Bruno Conti, Agostino. Io non ero della Roma quando iniziai ad andare allo stadio con i Lucente. Ero sempre stato della Juve, ma per diversi motivi alla fine degli anni 70 la Juve mi era diventata antipatica.  E il vecchio suillone mi fece cambiare squadra, partita dopo partita, portandomi nel cuore del tifo, la curva sud, che esplodeva ad ogni goal. Cosi' nel 1982 ero gia' ufficialmente romanista, e mi sono goduto tutta la galoppata dello scudetto giallorosso dall'inizio alla fine.

Eppure, la partita per me simbolo di quel campionato e' una sconfitta. Anzi, la sconfitta: in casa, contro la Juve, 2 a 1 per loro. Noi eravamo un gruppetto assortito, anche se io mi ricordo bene Alessandro, Uncio (juventino) ed io. La Roma passo' in vantaggio con rete di Falcao: un delirio, voleva dire scudetto. Ma la Juve non molla. Pareggia prima Platini su punizione, e poi, Brio. Vittoria della Juve, campionati riaperto.

E alla fine della partita, il vecchio Suillo incazzatissimo con l'innocente Uncio, che ridacchiava sotto i baffi. Ma poi la Roma vinse a Pisa (Andrea e Alessandro Lucente andarono, quella volta che il treno prese fuoco e si dovettero fare un pezzo a piedi fino a casa), poi ancora vittoria con l'Avellino, e poi vittoria scudetto a Genova, e festa a Roma nell'ultima partita, contro il Torino. Anche questa ce la siamo goduta parecchio. Qui il servizio di 90simo minuto sulla partita: Roma Juventus 1-2

Laurea di Uncio

Io non c'ero, chissa' dov'ero. In Inghilterra?

Viaggio con Interrail Roma-Amsterdam-Cophenagen (con Uncio) (1985?)


Persi a Copenhagen. Viaggetto Natalizio cui mi imbucai all'ultimo istante. Momenti clou: 1) L'ostello galleggiante ad Amsterdam, 2) visita psichedelica al Museo Van Gogh, 3) Christiania, 4) a Copenhagen ritrovo il mio portafoglio prima di capire di essermelo perso, 5) a Copenhagen compro un poster (ancora appeso) con i miei ultimi soldi, 6) i panini di Amsterdam 7) le inarrivabili ragazze di Amsterdam 8) il museo degli ologrammi di Copenhagen.

Olanda 1999 (credo)

Ogni foto e' un post... qui spero che qualcuno dei protagonisti racconti. Andrea e Romana, credo insieme da poco, in visita dal Boccia appena arrivato in Olanda, accompagnato dal caro Suillo, superabbronzato.

Andiamo al Uonna?

Ecco un'altra passione di Alessandro, e non solo: il Uonna Club! Anni credo dal 1986 al 1988. Sulla Via Cassia, lontanissimo, da casa nostra un viaggio. Belle seratone al Uonna, bella musica. Poi mi ricordavo un barista, sempre lui, simpaticissimo, e... guardate che ho trovato ... http://www.uonnaclub.com/index.htm. Il mitico barista, il re dei Campari col Gin, che pare si chiama=i Claudione (per noi era il barista del Uonna).

Saturday, 22 March 2014

Festa di carnevale con incidente (1989)

Credo fosse il carnevale del 1989, ma potrei anche sbagliarmi…
In ogni caso era il nostro periodo universitario, quello in cui si era formata un’allegra brigata che trascorreva molto tempo insieme, tra lezioni, studio, gite e feste. La maggior parte dei suoi elementi studiava economia, ma Suillo ne era entrato a far parte sia perché era già amico di alcuni di noi, sia perché saltuariamente aveva cominciato a frequentare l’acquario.
La festa cui si riferiscono le foto, era una di quelle feste che pur non avendo niente di speciale, per delle strane circostanze diventano poi memorabili, nel senso stretto del termine.


Quella volta erano riusciti a venire tutti, ma proprio tutti; gli acquisti di vettovaglie erano stati molto oculati, la musica selezionata dal “Campioni”, giusta e ben variata, la casa era stata preparata per poter fare casino limitando i rischi di danni, c’erano tantissime donne, cosa non usuale a quel tempo. Tutti, ma proprio tutti, si erano mascherati e quei pochi che non lo avevano fatto, erano tornati di corsa a casa a cercarsi qualcosa per inventare una parvenza di maschera. Suillo era ricorso ad una maschera minimalista che consisteva in una stella da sceriffo appesa su una delle sue camicie a quadrettoni.


C’era tanta allegria nell’aria, tante coppie formate da poco e tanti altri interessati a formare nuove coppie, ma tutti comunque desiderosi di divertirsi senza oltrepassare in modo drammatico i limiti.
All’inizio della festa un primo piccolo dramma: il mio amico che chiamerò “asso di picche”, per rispettare la sua privacy ed in onore della sua maschera di quella sera, informò me e Suillo che la sua ragazza tedesca, presente alla festa, lo aveva appena lasciato. Il motivo del repentino abbandono, che ad “asso di picche” peraltro, in quel momento, sembrava completamente ingiustificato, era che lei lo era andato a salutare e lui non l’aveva riconosciuta.
In effetti, ed “asso di picche” non me ne voglia, la ragazza si era semplicemente disegnata dei minuscoli baffetti sul volto paffutello ed era completamente vestita di nero con tanto di mantello e cappello, quindi essendo riconoscibilissima aveva , secondo me, ragione a lamentarsi.
Asso di Picche era indeciso se essere triste o allegro, e cercava di convincersi che le cose stessero andando comunque per il meglio…
Suillo e il sottoscritto hanno quindi intavolato, tra un ballo e una birra, una lunga discussione con asso di picche, per rincuorarlo e per assecondarne le mutevoli opinioni, riguardo alla sua relazione bruscamente terminata.


Suillo era un maestro a portare avanti discorsi filosofeggianti e non si perdeva d’animo anche quando l’interlocutore diventava poco razionale per la stanchezza e/o per qualche bicchiere di troppo, cosa che quella sera stava succedendo con "asso di picche" e non solo.
Ci ritrovammo infine a continuare la nostra conversazione nella cucina, dove qualcuno nel frattempo aveva fatto cadere dei liquidi sul pavimento rendendolo quindi molto scivoloso.
Asso di picche, cominciò a scivolare volontariamente sul pavimento, e ogni volta erano grandi risate di tutti, forse, tranne che di Suillo, che vedeva interrotto in continuazione il filo del suo ragionamento.

E una, e due e tre volte, alla fine, anche con un mio inopportuno “aiutino”, asso di picche cadendo , sbatte’ violentemente la testa sullo spigolo del tavolo e si procuro’ un bel taglio sulla nuca. All’improvviso, come nella pubblicita’ di qualche amaro, dovevamo concretamente aiutare il nostro amico in pericolo.
Suillo si diede un gran da fare nel trovare qualcuno disposto ad accompagnare in macchina asso di picche al pronto soccorso e alla fine riusci’ a trovare le chiavi di una fiat panda, quindi fummo costretti nostro malgrado, sia per l’elevato tasso alcolemico sia per la stanchezza, a guidare la panda con asso di picche sanguinante, seduto sul sedile posteriore, che cominciava in qualche modo a comprendere la gravita’ della situazione.
Sara’ stato intorno a mezzanotte, forse un po’ piu’ tardi, quando arrivammo al Santo Eugenio. Tutti e tre mascherati, in una notte fredda ed umida in maschere estive, alticci e sudaticci, entrammo al pronto soccorso, dove “asso di picche” fu prontamente preso in custodia da due infermiere bellocce ma un po’ avanti con l’eta’. Ricordo come se fosse ieri l’ultimo sorriso di “asso di picche” che si allontanava giu’ per il corridoio, accompagnato dalle due infermiere, con il suo misto di ebbrezza, eccitazione e fifa.
Io e suillo siamo rimasti per un po’ nel corridoio e poi siamo andati fuori della porta d’ingresso a continuare le nostre discussioni, a questo punto incentrate sul destino di “asso di Picche”, e a sangare, fino a che la nostra attenzione non e’ stata colpita dal sensore automatico per l’apertura della porta d’ingresso.
Da quel preciso momento, tutto e’ diventato secondario, compreso il destino di “asso di picche” e abbiamo iniziato a intercettare il raggio infrarosso in tutti i modi possibili: con improbabili colpi di tacco, allungando la mano dietro la schiena, rotolando per terra, facendo finta di essere passati li’ per caso….
Ridevamo e ci compiacevamo delle nostre reciproche abilita’ e fantasia nell’inventare sempre nuovi modi per far aprire la porta…
Non saprei dire quanto tempo abbiamo passato a far scattare quel meccanismo, ma ad un certo punto,  il poliziotto che stava nella guardiola a fianco dell’ingresso, che per la cronaca noi non avevamo assolutamente notato, pur essendo ben in vista, e’ uscito, e’ venuto da noi e ci ha intimato, con modi autoritari, di smettere.
Suillo, con i suoi modi educati, ma in fondo sempre desideroso di confronto, ha cercato di intavolare una impari discussione con il poliziotto, sul perche’ fosse giusto continuare a lasciarci fare fino a quando il poliziotto ha minacciato maggiori conseguenze.
Fortunatamente, proprio in quel momento “asso di Picche” e’ riapparso nel corridoio con una vistosa fasciatura alla testa e abbiamo colto l’occasione per tornarcene, lemmi lemmi, alla festa, che nel frattempo era stata interrotta dalla polizia, chiamata da qualche vicino, per gli schiamazzi.